Recensioni

“3 Couleurs”

 

Con questo CD, dal titolo “3 Couleurs” (Tre colori), l’artista Lydia Auvray festeggia i suoi 35 anni di carriera, concretizzatasi attraverso centinaia di concerti, partecipazioni televisive e cinematografiche ed almeno una ventina di dischi come leader.

Fisarmonicista, cantante e compositrice francese, la Auvrey – da metà degli anni ’70 residente in Germania – è ben coadiuvata dal suo gruppo: “Auvrettes”; e l’evidente affiatamento è confermato dal fatto che tale formazione festeggia a sua volta il 30° di fondazione. I musicisti che collaborano con la fisarmonicista sono: Harald Heinl (drums), Eckes Malz (piano e percussion), Gigu Neutsch (bass) e Markus Tiedemann (guitars). Gli ultimi tre sono anche autori (o coautori) di sei dei 13 brani che compongono il programma del disco, il resto è tutto composto dalla Auvray.

Tre delle 13 tracce sono canzoni – piuttosto interessanti (soprattutto come testi) – interpretate, dalla stessa artista, in francese (nel booklet è disponibile anche il testo in tedesco). Particolarmente significativo il brano “Dis-moi grand-mère” (Dimmi nonna), dal contenuto ecologico e naturalista; non per nulla del pezzo è presente anche una seconda versione (Bonus track) cantata in duo con Cannelle Picot. L’altro ospite del disco è il violoncellista Ulrike Zavelberg.

Il programma abbraccia vari generi e quindi diverse atmosfere musicali, oltre alle canzoni sopra citate si possono ascoltare brani ispirati alle danze tradizionali – con il tango in primo piano – o di nostalgico sapore “varietée”, ma anche dei pezzi più moderni ritmicamente. In particlare ci sono sembrate efficaci le tracce 1. (“Et après”) e 7. (“Tarengo”).

In definitiva il CD ci offre una musica che potremmo definire “easy listening”, ovvero semplice ma ben confezionata e non banale, piacevole e interpretata con gusto; certo una musica di “evasione”… ma contenente dei messaggi da non sottovalutare, anzi da meditare!

Alessandro Mugnoz, 2014.

www.accordions.com/reviews/cd_14_06_27it.aspx

 

 

Lydie Auvray Trio

 

Oggi l’incontro con un artista spesso avviene per vie casuali, accidentali, bombardati come siamo dai
mezzi di comunicazione di massa.

Io ho “incontrato” Lydie Auvray grazie alle sue belle foto, presenti da anni in giornali musicali e siti web, solo in un secondo tempo ho associato alle sue immagini la sua musica … e sono rimasto colpito. Ho colto la piena corrispondenza tra il suo volto, la sua espressione corporea, la sua presenza fisica e la sua musica.

Classe e semplicità, leggerezza e profondità di spessore musicale ad ogni nota, solarità e nostalgia nello stesso tempo: queste sono alcune caratteristiche tipiche delle grandi stelle del folk o, se preferite, della world music. Queste sono le caratteristiche che spesso sono state esaltate dalla fisarmonica per mezzo dei grandi fisarmonicisti di tutti i tempi, tanto da costituire lo stereotipo dello strumento stesso nel cuore e nella testa della gente. Queste sono le caratteristiche di Lydie Auvray , della sua immagine e della sua musica, del suo essere artista, cantante, fisarmonicista.

Lydie Auvray fa cantare la fisarmonica e canta con la fisarmonica: è così che esprime il suo essere e l’essere profondo del suo strumento.

Nel suo disco Lydie Auvray Trio (Westpark Music 2009) potrete trovare tutto questo, ovvero ciò che fa sì che la fisarmonica sia così tanto amata ovunque.

Nel mondo odierno della fisarmonica, tra grandi virtuosi, grandi insegnanti, strumenti fluorescenti, virtuali, bassi sciolti o bassi … muti, spesso non c’è più il canto. Cosa resta allora dei nostri antichi amori per la fisarmonica, que reste-t-il de nos amours?
Sicuramente resta Lydie Auvray.

Recensione di Roberto Lucanero, November 2010

www.accordions.com/reviews/cd_10_11_26it.aspx

 

 

Regards

 

Uno – perché condisce con discrete dosi di peperoncino senza però far scomparire i sapori.

Due – perché anche se non è principalmente “cantante” MA “fisarmonicista” canta belle canzoni.

Tre – perché quando meno te lo aspetti spunta fuori una versione di “Stairway to Heaven” di Zeppeliniana memoria che ne stempera la pesantezza mettendone in evidenza la delicatezza.

Quattro - perché “Guinguette” è attraversata da una chitarra sghemba che qualcosa a Marc Ribot pur deve ( e ci piace).

Cinque – perché “Joschi” ci rapisce col suo cullante tempo dispari e la struggente melodia.

Sei – perché con il riff africano di “Regard” torna a splendere il sole.

Sette – perché dopo averlo ascoltato questo CD lascia in bocca un sapore gustoso, di quelli che vien voglia di rimetterlo nel lettore.

Otto – perché è un disco vario, che partendo dall’Europa attinge alle musiche del mondo senza essere banalmente oleografico.

Nove – perchè incastona la fisarmonica della leader nell’insieme del gruppo (detto per inciso, valido e nutrito) lasciando che a brillare siano le composizioni.

Dieci – perché non avevo assolutamente voglia di scrivere recensioni in questo momento – perché???? l’estate – il caldo – il mare …allora: chi lo vuole vedere il computer? – ma appena sentito il CD ho cambiato idea e sono qui che me lo canticchio tra me e me. Ecco, dieci perché possono bastare – ma sicuramente ce ne sono molto altri - per godersi una cinquantina di minuti di buona musica, in buona compagnia. E non è affatto poco.

Recensioni CD - Renato Belardinelli, 2007

www.accordions.com/reviews/cd_07_08_10_it.aspx

 

Tango Toujours

 

La fase di popolarità del tango, ad oggi, non mostra alcun cenno di decadenza. Il fascino di questo ritmo è oggi più che mai enorme per il pubblico europeo. Il panorama discografico in uscita ne è una lampante dimostrazione, così come dimostra che questa musica, che ha la sua culla in Argentina, non è indenne dal più importante fenomeno musicale odierno: quello della contaminazione.
Questa situazione rende attualissimo questo nuovo disco di Lydie Auvray tutto dedicato al tango e che porta un titolo molto emblematico: “Tango toujours”. Fare un disco sul tango comporta, per una musicista affermata e conosciuta come Lydie, delle scelte, scelte a volte non scontate. Innanzitutto c’è il problema di come rapportarsi con il tango tradizionale argentino e poi, soprattutto, con il “Nuevo Tango” del grande Astor Piazzolla.

Poi c’è anche l’esperienza del tango-canzone (pensiamo a Milva o ad Horacio Ferrer o altri ancora). La scelta compiuta da Lydie Auvray è stata, a mio parere, la più corretta: guardare al suo passato e non abbandonare il suo stile e la sua personalità. Credo che sia per questi motivi che nessuna delle 14 tracks di questo album sia cantata e credo, sempre per gli stessi motivi, che questo sia un disco di tango europeo (come correttamente riportano le note del booklet). In questo emerge la personalità di Lydie ed anche il perché, in fondo a tutto questo ragionamento, si può tranquillamente dire che, a suo modo, anche questo disco è una “contaminazione”.

I quattordici tanghi di questo CD sono tutti molto gradevoli, appetibili, anche se non cantati, sono molto “song” nel loro essere ritmati ma comunque anche melodici. Sono tutti scritti dalla fisarmonicista leader (che avrebbe potuto intitolare il CD anche “My tangos”) che anche in questo caso è sempre e comunque leader – con il suo timbro inconfondibile – in tutti i brani.

In un’altra recensione ho già parlato del “suono” di Lydie come vera e propria identità sonora. Ad arricchire il suono della sua band (“Die Auvrettes”) vi è la presenza del quartetto d’archi “Indigo” tutto al femminile, in questo caso nel ruolo di special guest. La scelta del quartetto d’archi è molto funzionale alla sonorità dei “tangos” e gli arrangiamenti degli archi (del pianista Wolf Mayer) risultano essere sempre molto “contenuti” puntando molto ad un buon colore di suono anziché al ritmo, che rimane affidato comunque al gruppo base con pianoforte, chitarra, basso e batteria.

Paolo Picchio, 2004

www.accordions.com/reviews/cd_04_09_03_it.aspx

 

Triangle

 

Questo è un ottimo disco di musica per "tutti". Per tutti i diversi temperamenti delle persone, per tutte le età e per tutte le opportunità di ascolto. Lo si può ascoltare attentamente (perché è un lavoro ben curato) oppure come sottofondo, si può prestare più attenzione alla musica oppure ai testi (che si rivolgono all'intero pubblico adulto).

Una musica pop (per dire "popular") basata soprattutto sulla melodia. La melodia è una melodia di grande fascino e di grande comunicatività ed è sempre affidata alla fisarmonica o alla voce di Lydie. In alcuni brani, come ad esempio "Der vierte Mann", la ritmica e l'ambientazione moderna sembrano contrastare la preminenza melodica. Personalmente ho potuto constatare che è proprio in queste situazioni che si produce qualcosa di singolare e di molto caratteristico e di non scontato. Lydie è una leader: tutto il lavoro poggia sul suo personaggio, sul suo timbro della fisarmonica (sempre uguale, come se fosse la sua "voce"), sui suoi testi in lingua francese. Questa cosa mi ha colpito molto: pur avendo a disposizione uno strumento "trasformista" come la fisarmonica, Lydie adotta sempre un suo timbro che diventa quasi una "identità sonora".

Un giorno spero di poterla incontrare di persona per poterle chiedere il perché di questa scelta.

Nel disco c'è anche un buono spazio dedicato all'ispirazione "latino-americana"; ma anche in questi pezzi "latino-americani" la melodia emerge prepotentemente e la forma base resta sempre quella della "song".

Paolo Picchio, 2003

www.accordions.com/reviews/cd_03_07_25_it.aspx